Elenco semiserio in trenta punti e in ordine sparso di quello che ho vissuto e che mi lega alla mia Volkswagen Up! che mi ha accompagnato dai miei diciotto anni ad oggi, pensato tornando a casa in lacrime dal concessionario al quale la darò per acquistare una (necessaria) auto nuova in pronta consegna e con dunque poco tempo per elaborare il distacco:
- Festeggiare i miei diciotto anni il 17 gennaio 2014 trovando la macchina davanti casa e mio padre con la videocamera in mano per documentare il momento.
- Percorrere infiniti chilometri con la musica a tutto volume nella campagna padana di un caldo e appiccicoso giugno 2014 dopo aver appena superato l’esame della patente.
- Non essere capaci di fare il pieno di benzina a Fano con Matteo perché il meccanismo di sicurezza gira a vuoto.
- Raggiungere Andrea i primi tempi della nostra relazione che senza quella macchina sarebbe di sicuro andata in modo diverso.
- Chiedere, gli ultimi tempi, al passeggero di fianco a me di alzare i piedi perché entrava l’acqua dal davanti dopo che aveva piovuto.
- Trascorrere la prima estate di pandemia attraversando l’Italia: da Milano a Firenze, da Firenze a Pisa, da Pisa a Roma, da Roma a Viterbo, tagliare l’Appennino il giorno di Ferragosto e trovare un distributore di metano in cui la gente pranza con cocomeri, raggiungere Fano.
- Fare l’amore sui sedili posteriori quando non si aveva una casa libera.
- Venire sequestrati da una persona in stato alterato, avere paura e credere di non uscirne, infine riuscire a scappare sgommando dopo una colluttazione
- Prendere multe.
- Grattare il freno a mano in montagna in salita su una mulattiera piena di neve e sul ghiaccio che ci avrebbe portato a un castello irraggiungibile (e infatti non lo abbiamo raggiunto) rischiando di scivolare, dover usare i tappetini per uscirne senza finire nella scarpata.
- Dimenticare le luci accese e dover cambiare la batteria (ancora e ancora).
- Rimanere chiusi fuori dalla macchina perché il telecomando fa contatto e rimane dentro, attendere un amico del meccanico che scassina la portiera per recuperarle.
- Fermarsi perché un enorme cervo dalle corna bellissime è fermo in mezzo a una strada in collina con le stelle luminose a rischiarare la notte di ritorno dopo una giornata al mare alle Cinque Terre.
- Riempire il bagagliaio e i sedili posteriori fino a scoppiare, trasformare la macchina a tratti in un deposito.
- Cantare musica a squarciagola.
- Non riuscire a guidare nel momento di depressione più buia e dover essere accompagnato stando sul sedile passeggero per fare le cose più semplici della vita.
- Attendere.
- Rincorrere mille pensieri che la strada porta.
- Cambiarsi i vestiti zuppi di sudore in macchina con l’aria condizionata a palla in un’estate torrida in cui le tombe etrusche di Cerveteri non sono la scelta migliore da fare come visita.
- Andare a lavorare, a fare la spesa, in posta, in banca, alle partite, a castagne, al mare, al lago, dalla nonna la domenica, spesso lontano, a volte vicino, sempre per essere altrove.
- Raggiungere gli amici un po’ ovunque.
- Guidare.
- Ricevere notizie belle e notizie brutte, gridare in macchina e a volte piangere.
- Litigare e stare in mezzo ai litigi tra i miei genitori per il pagamento delle rate della macchina, sentirsi terreno di scontro e non avere gli strumenti per gestirla.
- Sospirare al ritorno dalle sedute della psicologa.
- Mancare il primo tagliando e provare un’infinita pigrizia e avversione per tutti quelli successivi.
- Abbassare i finestrini e lasciare il braccio fuori a penzoloni, sentire l’aria in faccia.
- Dover sbrinare i vetri la mattina presto, anche dentro perché da quando hanno sostituito il parabrezza entra la condensa e così la condensa si brina, dover fare dunque il doppio della fatica.
- Risvegliarsi durante la guida nella corsia opposta una sera in cui la depressione ruggisce fortissimo, riuscire comunque a tenere la strada.
- Stilare un elenco semiserio in trenta punti in ordine sparso per salutarla, ringraziarla e ricordarla.
Che poi è stata la macchina ma sono stato io. Sono io. Che in questi nove anni sono cambiato, mi sono trasformato, sono cresciuto. Sono state tutte queste cose e mille altre. Sono stato anche grazie a questa macchina. Per questi ringrazio lei e ringrazio me stesso e tutte le versioni che sono stato e l’unica che in fondo sono. È stato un viaggio bellissimo, a tratti doloroso, sempre macinando chilometri. Centottantamila in nove anni, una vita in quell’auto che oggi saluto, una vita nella mia vita che oggi vedo con occhi diversi e in fondo sempre gli stessi. Un auto-ricambio salvifico e pieno di gratitudine. A tutta la strada a venire.