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Di #IDAHOBIT, coming out e altre storie

Che cosa si celebra oggi 17 maggio e perché?
Oggi, 17 maggio, si celebra come tutti gli anni la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia (#IDAHOBIT), ideata da Louis-Georges Tin. Essa esiste da ormai diciassette anni e si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi a queste tematiche. La prima di queste Giornate ha avuto luogo il 17 maggio 2004, a 14 anni dalla decisione, avvenuta solo il 17 maggio 1990 di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’OMS.

Lush e il suo Social Summit
Il 17 maggio, per me, da sei anni a questa parte, è una data importante per svariati motivi che vanno dalla celebrazione del mio orgoglio di amare, al simbolo che essa assume in quanto viene celebrata il giorno dopo quella che è la data nella quale io e il mio compagno ci siamo messi insieme (sono ormai cinque anni, e finalmente è arrivata la proposta!), all’importanza di cui questa giornata si rende foriera.
Quest’anno, Lush Italia mi ha coinvolto nel suo “Lush Social Summit” che avrà luogo sul loro sito e sulla loro pagina Instagram. Il tema scelto quest’anno per la #IDAHOBIT è “Breaking the Silence” e io ho voluto rappresentarlo scrivendo alcuni brani e consigliando un decalogo di libri a tema che non possono mancare tra le letture di ciascuno di noi perché rendono universale l’amore che raccontano.

Che cos’è il coming out e perché farlo rende liberi?
Il coming out ha a che fare con il venire fuori, con il rivelarsi a sé stessi e agli altri. Infatti, coming out è l’abbreviazione dell’espressione inglese coming out of the closet, letteralmente venire fuori dall’armadio (Ikea ne aveva fatto uno spot geniale per lo scorso #ComingOutDay che potete recuperare qui).
Uscire dall’armadio, rompere il silenzio. Ci vuole tempo, ci vuole coraggio, ma soprattutto ci vuole amore. E poi la libertà, certo. Ma è leggendo, scoprendo, amando che il coming out diventa un passaggio necessario per generare tempo, coraggio, amore e libertà.
Era il 12 giugno, io e Andrea stavamo insieme da più di un anno, e a Orlando accadeva una delle peggiori stragi mai successe in America. Ed è stato in quel momento che ho capito, che il mio coming out avrebbe significato libertà e sarebbe stato in un certo senso necessario.

Storia del mio coming out
Il mio coming out è avvenuto il 12 giugno 2016, a seguito della strage di Orlando. Ho deciso di farlo sui social perché avesse più risonanza possibile. Alle persone a me vicine la mia scoperta era già stata comunicata da tempo, ma quel giorno credetti che fosse necessario fare di più, che fosse necessario condividere per aiutare. Condividere perché io avevo e ho avuto e ho la fortuna di poterlo fare. Così, su Facebook scrivevo questo post (se avete voglia potete ascoltarlo con questa versione di Sia di Titanium in sottofondo, eseguita live dalla cantante dopo la strage):
«Ogni tanto gli “scrittori” si ricordano di essere persone, si ricordano di poter essere deboli e di mostrare le proprie debolezze non filtrate dai loro personaggi. Mi immagino, una sera, in un locale gay o etero (che importanza ha?) in cui mi sto divertendo. E mentre sto baciando la mia ragazza o il mio ragazzo (in fondo che importanza ha?), arriva qualcuno, con un’arma, e apre il fuoco. Qualcuno che quella sera deciderà della mia vita in modo definitivo. Mi immagino disteso atterra nel mio stesso sangue. Un sangue rosso, che macchia il pavimento dello stesso rosso del trans, anche lui disteso morto accanto a me, e dello stesso rosso del gay di colore che è inginocchiato a piangere il suo ragazzo bianco, ma con la maglia rossa di sangue. Rosso. Soltanto rosso; che unisce la mia morte a quella di altre cinquanta persone. TRECENTOCINQUANTA litri di sangue rosso sul pavimento. Un sangue che fino a poco prima pompava nelle vene di vite che volevano soltanto vivere. Vite uguale a tutte le altre. O forse non esattamente. Un sangue meno denso. Un sangue di serie b. Ma la reale verità non può che essere che quel rosso sangue ci accomuna tutti. ci accomuna nell’essere umani e ci accomuna nell’essere complici. Sono complice di me stesso morto su quel pavimento freddo. Siamo complici di non aver protetto l’amore e la libertà. Quel sangue, gay, trans, etero, bisessuale, giovane, anziano, ora copre le mie mani. Le mani del me morto su quel pavimento, del me morto stasera dopo aver appreso la notizia.»

Andrea più Mattia
Lush mi ha inoltre chiesto se avessi voglia di condividere la mia storia con Andrea, il mio compagno. Ecco, ci ho provato anche se è complesso. Ne è uscita questa cosa qui:
«Un amore nato tra i banchi di scuola. Sembra l’inizio delle storie più cliché dei cliché, eppure io e Andrea ci smarchiamo da ogni situazione di “normalità”. Due ferite originali pesanti alle spalle, famiglie scricchiolanti, insicurezze. Tanta voglia di scommettere su un futuro, anche non conoscendo bene il significato di questa parola. Un crescendo, un conoscersi, un essere così liberi e così presenti sempre, tanto da essere ancora qui, con un anello al dito e una promessa. Le promesse mi hanno sempre fatto paura, così come il silenzio: le une perché mettono in gioco le mie capacità che potrebbero non bastare, l’altro perché il silenzio è mancanza. Ma oggi, con Andrea al mio fianco, queste paure si sono assottigliate, abbiamo imparato a farci promesse che siano progetti e non speranze e abbiamo imparato a stare non troppo scomodi nel silenzio.»

Il decalogo dei “I see your true colour(ful book)s”
Infine, Lush mi ha chiesto di consigliare dieci libri a tematica LGBT+ che non dovrebbero mai mancare in una libreria a prescindere dal proprio orientamento sessuale e io ho scelto questi dieci. Li ritengo storie universali e in un certo senso indispensabili per chiunque. Dunque, ecco il mio decalogo. Ad ogni titolo è associato il perché quel libro dovrebbe essere letto.

(questo post nasce dopo la chiacchierata fatta con Lush Italia ed è dedicato ad Andrea)

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