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Verrà la morte e avrà i miei occhi

Verrà la morte e avrà i miei occhi. Gli occhi stanchi di un domani incerto e un presente sospeso nell’attesa. Nell’attesa di capire cosa riusciranno a essere, questi occhi. Nell’attesa dell’incertezza degli occhi della gente che mi circonda e non sa più come proteggermi e proteggersi. Gli occhi attenti di una madre, quelli lontani di un padre, quelli tristi di due nonni che si aggrappano alla vita. Una vita nuova che ancora non ha fatto i conti con il cambiamento e l’estinzione e la fine. La fine di un mondo vecchio tenuto insieme dall’amore e niente più.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. Gli occhi pigri di chi ha sempre vissuto di estremi emotivi in quel mondo in cui l’emotività è considerata un atto estremo e destinato solo a qualcuno. Nelle estremità smarginate di quei ricordi che magnetici chiamano gli occhi e il pensiero. Sono i ricordi che nascono dai rimpianti di come era, nell’idealizzazione di un passato perduto dietro un presente perso. Verrà la morte e noi non saremo pronti ad accoglierla, nessun galateo per l’Occidente sordo alla lungimiranza di idee e al coraggio delle battaglie per l’umanità.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. Non i tuoi. Non più. Avrà occhi di un bambino, già ragazzo, ormai quasi uomo. Gli occhi di un ventiquattrenne al quale non sarebbe raccomandabile la visione di morte. Un ventiquattrenne che con la morte ha ballato un lento e non nega che essa sia estremamente abile nel muoversi sulla pista da ballo. «Questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo». Nelle notti passate a non dormire per il caldo e per la diminuzione dei farmaci che lentamente scalano perché “va meglio”. Un meglio che quegli occhi faticano a vedere. Ma è così.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. Gli occhi della tristezza per la caduta degli dei, quelli che mi sono sempre appartenuti, avvenuta in un mondo di falsi idoli e di identità labili quanto le sue fondamenta. Le fondamenta di un mondo che crolla e che al posto di rendersene conto continua a girare in silenzio. A girare su sé stesso perché è così che ha sempre imparato. A girare gli occhi da un’altra parte. Lontano dalla morte. Una morte che arriverà in vita per tutti coloro che non saranno in grado di vederla e accettarla.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. E sarò io. Sarò la morte. Sarò lei in tutte le cose non fatte e non dette, e delle quali ancora non mi sono concesso il perdono. Sarò lei in tutte le occasioni perse e in tutte le cose dette male, e con le quali ancora non riesco a far pace. Un trascinarsi continuo. «Così li vedi ogni mattina quando su te sola ti pieghi nello specchio». Uno specchio che non ti riflette e sul quale non ti rifletti per paura di quella riflessione. Di tutte le riflessioni. Di riflettere.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. Gli occhi azzurri di un ragazzo che del mondo si stupisce e che il mondo perdona e che dal mondo sta imparando a farsi perdonare. Nella speranza, dosata in gocce per dormire che pian piano aiutano, sperimentata in sedute di psicoterapia che pian piano mostrano le priorità. Definire un’identità prima che arrivi la morte. Definirla anche quando arriverà per non lasciare i tuoi occhi stringendomi ai miei. «O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla». Quel giorno lo sapremo, lo avremo capito. Non possono esserne certo, ma lo percepisco. La vita. Il nulla. L’amore taciuto e tacito motore.

Verrà la morte e avrà i miei occhi. I miei, lo rivendico ancora. E ancora. Lo scrivo. Poi lo correggo: i nostri occhi. «Per tutti la morte ha uno sguardo». Lo sguardo del fallimento di un mondo cieco e di tutte le battaglie fallite. Una cecità emotiva e di idee. Battaglie troppo pesanti da reggere con lo sguardo alla morte. Un deterioramento fisico che è apparenza e non sostanza. Vizio. Specchio. Viso morto. Labbro chiuso. Tutto insieme e tutto al rovescio. Tutto già scritto e già sperimentato. Tutto nuovo. Caro Cesare, quanto avrei voluto abbracciarti.

«Scenderemo nel gorgo muti». E sarà solo gorgo. Silenzio. Amore. «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». Va bene. Va bene anche così. Va bene nonostante mi si strazi il cuore ogni volta che legga quella disperata domanda. Mi permetto di risponderti. Va bene. Va bene anche così.

Verrà la morte e avrà i nostri occhi. E non saremo soli.

(questo post nasce come modesto e personalissimo omaggio a Cesare Pavese)

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2 commenti su “Verrà la morte e avrà i miei occhi”

  1. Ho letto questo articolo con il fiato sospeso. Come tutti i tuoi articoli precedenti, del resto,che ho divorato nei giorni scorsi dopo aver scoperto il tuo sito.
    Ho letto questo articolo con il fiato sospeso e una morsa allo stomaco come una che ha pensato tante, troppe volte a questa frase di Pavese negli ultimi tempi. Come chi, da poco, ha imparato direttamente cosa vuol dire “scalare le benzodiazepine”.
    Grazie per ogni parola spesa a raccontare tutto questo, qui e sui social, perché fa sentire meno soli, e forse così, quella morte che verrà con i nostri occhi la potremo allontanare un po’.

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