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Talee da me stesso

Con le piante ho cominciato quest’anno. Non ho mai avuto il pollice verde, e tutto è iniziato un po’ per caso anche grazie al tempo vuoto del confinamento. Con la psicoterapia ho cominciato tanti anni fa. Ho sempre avuto una spiccata propensione all’empatia, e il resto dello groviglio di meccanismi emotivamente costosi e psicologicamente deleteri è iniziato presto. Inconsapevolmente.

Con il termine talea, riprendo quello che dice la Treccani, in agraria si intende una parte di una pianta capace di emettere radici, quindi utilizzata per rigenerare un nuovo individuo nella cosiddetta riproduzione per talea o semplicemente talea. La talea è quindi una forma di moltiplicazione. Quando la mia neonata sperimentazione con le piante ha incontrato le mie sedute di psicoterapia, ecco che le due cose hanno subito trovato un armonia e un bilanciamento.

Tuttavia, dopo le metafore immediate, e ammetto a volte retoriche, sul seme che deve stare sotto terra prima di germogliare e la giusta quantità di acqua da dare alla pianta per non farla seccare o per non affogarla, è stata quella della talea a folgorarmi. Una moltiplicazione di sé. Un immagine cristologica potentissima. La talea ha avuto la capacità di essere recisa e scissa dal suo corpo, di resistere a questo strappo in un elemento nuovo e vecchissimo per lei che è l’acqua e produrre nuove radici.

Anche io, in questi anni di terapia, ma in particolar modo in questi ultimi due, ho prodotto una quantità di talee inimmaginabile delle quali non mi ero reso conto. Ho reciso, mi sono scisso, e ogni parte era fatta della stessa sostanza di cui ero fatto io, ma con la libertà di essere nutrita direttamente dall’acqua, senza passare per la terra o per la pianta stessa. Una talea è recisa dal nuovo e nel nuovo genera le proprie radici non tradendo mai se stessa. Radici che poi potrà decidere se continuare a sviluppare nell’acqua o in nuova terra.

Non so se questo processo avvenga per tutti, in ogni caso, e se questa cosa si potrebbe definire semplicemente, ma non banalmente, crescere. Quello che so è che compiere talee da se stessi è dolorosissimo, non lo voglio edulcorare e non voglio mentire, ma la libertà di sentirsi completamente immersi nell’acqua in attesa di generare le proprie radici, senza bisogno di distruggere il passato, senza la necessità di essere qualcosa di diverso ma semplicemente con la voglia di essere qualcosa di altro, ripaga di tutto il dolore.

Compio e compirò in continuazione talee da me stesso perché è la cosa che mi avvicina di più ai miei valori e al mio sentire, e che più mi allontana dalle cose per prendere la giusta distanza per fissare i miei obiettivi. Talee da me stesso. Che forse poi è semplicemente, ma non banalmente, crescere.

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